INTERVISTA A FRANCESCO CASCIO- “Micciché sta sbagliando tutto Musumeci è un fuoriclasse, gli altri candidati…”

Il presidente dell’Ars Francesco Cascio: “Se la coalizione avesse scelto il leader di Grande Sud, io non mi sarei candidato. Non ho mai pensato di lasciare il Pdl: solo la ‘gentaglia’ cambia casacca”.

-di Accursio Sabella

-PALERMO – “Musumeci? Per carità, non paragoniamolo a Crocetta o Micciché. Loro sono dei ‘ragazzi’ della politica, Nello è un fuoriclasse”. È ottimista, Francesco Cascio. E a cinquanta giorni dalle elezioni regionali parla di una “vittoria certa”, di un partito, il Pdl, che “si sta rinnovando, sta recuperando entusiasmo, anche grazie all’addio di qualcuno che faceva ‘da tappo’”, e confida: “Mi hanno cercato in tanti. Ma secondo me, i cambi di casacca riguardano solo la ‘gentaglia’”.

Presidente, eppure in passato il clima tra lei e alcuni suoi compagni di partito è stato molto teso.
“Questo è vero. Ma non ho mai, realmente, pensato di lasciare il Pdl. Sono un nostalgico, un po’ all’antica in questo caso”.

A dire il vero, qualcuno pensava che il suo abbandono del Pdl potesse essere la conseguenza della mancata candidatura a Palazzo d’Orleans. Quanto le è dispiaciuto rinunciare alla corsa verso la Presidenza?
“Mi è dispiaciuto, certo. Ma non ne ho mai fatto un obiettivo unico, assoluto. Anzi, sapevo che al 90% non sarei stato candidato”.

Da cosa nasceva questa convinzione?
“Semplice: dalla mia esperienza da presidente dell’Ars, durante la quale ho fatto, forse, qualche sgarbo a qualcuno. E certamente, in questi anni, sono cresciuti i miei nemici. Anche tra gli ‘amici’”.

Quindi, pare non ci abbia mai creduto davvero…
“Il discorso è un altro. Io ho dato la mia disponibilità. Ma ho chiesto, in alternativa, di dire la mia sul candidato”.

E ha detto la sua? E cosa ha detto?
“Ho detto di ‘no’ a Gianfranco Micciché, ad esempio”.

In che senso ha detto di “no”?
“Ho detto che con lui a capo della coalizione non mi sarei nemmeno candidato all’Assemblea regionale”.

Che i rapporti non fossero idilliaci, è noto…
“Guardi, io credo che Gianfranco Micciché abbia fatto il più grosso errore della sua carriera politica lasciando la coalizione. Penso che non arriverà nemmeno al 15%”.

Perché pensa che Micciché abbia sbagliato?
“Perché non è credibile. Come può, proprio lui che è stato ‘suo figlioccio’, raccontare oggi che Berlusconi è stato il male assoluto per i siciliani?”

Insomma, mi pare di capire che il vostro rapporto è completamente compromesso. Eppure, avete condiviso un pezzo di storia politica insieme. E vi unisce anche la comune esperienza di presidente dell’Assemblea regionale…
“Già, un’esperienza che Micciché ha ricordato nella conferenza stampa di presentazione della sua candidatura, tenuta proprio in una sala di Palazzo dei Normanni. Lì si è detto orgoglioso di stare sotto il logo dell’Ars che lui aveva voluto. Beh, ci mancherebbe che non fosse nemmeno orgoglioso, visto che è costato la bellezza di 400 mila euro. Io al suo posto avrei lanciato un concorso di idee e premiato un giovane, piuttosto che dare quella cifra a un architetto milanese”.

Tornando alla politica di questi giorni, s’è diffuso in maniera sempre più insistente un ‘gossip’: un patto tra Crocetta e Micciché per governare insieme, a prescindere dal vincitore.
“Il problema per loro è uno solo: che per fare un accordo del genere, uno dei due deve vincere. Non si può fare quell’accordo arrivando secondo e terzo. E io sono certo che Musumeci vincerà facendo morire sul nascere questa ipotesi”.

Sembra davvero nutrire grande fiducia per Musumeci. Da cosa nasce questo ottimismo?
“Intanto dalle qualità dell’uomo e del politico. Un politico di alto, altissimo livello. Niente a che vedere con gli altri candidati”.

In che senso?
“Beh, le differenze mi sembrano evidenti. Nello è un fuoriclasse. Crocetta e Micciché, in confronto, sembrano dei ragazzi. Sono convinto infatti che più si andrà avanti con la campagna elettorale, maggiore sarà il divario tra Musumeci e gli altri. Nello, quando parla, guadagna consensi. Gli altri, quando parlano, li perdono”.

Un ostacolo, però, sembra possa essere l’origine catanese del vostro candidato. Dopo l’esperienza di Lombardo, il vostro elettorato, specie quello della Sicilia occidentale, sembra un po’ scettico…
“Non credo sia molto importante. Musumeci convincerà il nostro elettorato che di lui si può fidare. Non tutti i catanesi sono come Raffaele Lombardo. Anzi… E comunque, anche in quest’ottica si è pensato alla mia vicepresidenza”.

Il famoso ticket che ha fatto infuriare il suo alleato Saverio Romano.
“Mi sarei innervosito anch’io se una cosa del genere l’avessi letta sui giornali, prima di parlare con i miei alleati. Lo capisco perfettamente. E del resto, anche io l’ho letto prima ancora che mi venisse realmente proposto”.

Qual è invece lo stato di salute del Pdl dopo le tante tensioni vissute ultimamente?
“Il mio partito è in grande fibrillazione, avverto un grande entusiasmo. Credo che i sondaggi che ci danno sopra il 20% siano veritieri. Oggi il Pdl è qualcosa di molto diverso di quello che si presentò alle elezioni del 2008. Al di là della diaspora di Fli e Gande Sud, infatti, gli addi più recenti di politici come Campagna e Beninati stanno producendo effetti positivi, aprendo le porte a tanti nuovi militanti e bravi amministratori. Forse qualcuno, per tanti anni, ha fatto un po’ da tappo”.

Già, lei alla fine il partito non l’ha lasciato, altri suoi colleghi sì.
“Guardi, gliel’ho detto, io la penso in quel modo: non cambio partito. Anzi, se proprio la devo dire tutta, penso che in molti casi i cambi di casacca coinvolgano ‘gentaglia’”.

Ma qualcuno in particolare l’ha corteggiata in questi mesi?
“Ovviamente. Sono un politico con una certa storia e una certa visibilità. Si sapeva del mio malumore per alcune scelte del partito. E credo di ‘valere’ un bel po’ di voti. Quindi, sì, qualcuno mi ha cercato”.

L’Udc?
“Non solo l’Udc…”.

Intanto, si riaccende periodicamente la polemica sull’antimafia e la politica. Da Crocetta a Fava (accompagnato da Rita Borsellino e Nando Dalla Chiesa), passando per Massimo Russo. Il tema in Sicilia pare sempre vivo.
“Sarò sincero. Credo che in campagna elettorale ognuno usi le armi che ha a disposizione. E in alcuni casi, il riferimento a simboli dell’antimafia è proprio uno strumento elettorale. Ritengo invece che l’impegno antimafia ciascuno lo manifesti attraverso la propria storia politica. Anche i siciliani sono stanchi di vedersi sventolare davanti sempre il vessillo dell’antimafia. Rispetto invece profondamente il dolore delle vittime e di chi ha sofferto. Ma basta con le carriere che si fondano soltanto su quello”.

Lei invece è stato accusato dai giovani di Generazione futuro di aver elargito incarichi e consulenze da presidente dell’Ars. Un accusa che gli stessi militanti hanno ritirato, chiedendo scusa.
“E chiedere scusa è un atto così raro di questi tempi, che non posso fare altro che apprezzarlo. Ammettere un errore è comunque un gesto di maturità. E a me basta questo, l’incidente è chiuso. Il problema è che oggi la vita politica è costellata da attacchi che si indirizzano sempre più verso la sfera personale, è un insulto continuo, una caccia alle streghe. Non si parla più di politica, di programmi, di cose da fare”.

Finora da questo gioco delle accuse Musumeci è un po’ rimasto fuori…
“E rimarrà fuori. Lui non scenderà mai nella polvere della cagnara e dell’insulto. Lui vola troppo alto”.

Verso Palazzo d’Orleans?
“Sono sicuro di sì”.